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La crisi economica da coronavirus e’ simile a quelle scatenate dall’attacco terroristico dell’11 settembre 2001 e dal crollo finanziario 2008?
Fosse vero, dovrebbe ispirarci un pizzico di ottimismo: da quelle crisi sono emerse idee nuove, startup diventate poi un grande successo, perché hanno risposto a bisogni veri e hanno dovuto focalizzando bene le loro risorse in un clima difficile, con pochi soldi a disposizione.

“9/11 inspired innovation” was the headline of a FastCompany article on 9/9/11

Un esempio? Meetup, nata dalle macerie delle Torri Gemelle per aiutare la gente a organizzarsi in comunità basate su interessi condivisi: oggi ha 44 milioni di membri in 2.000 città di 190 Paesi nel mondo, e fa parte del gruppo AlleyCorp guidato da uno dei veterani delle startup newyorkesi, Kevin Ryan.

Un altro esempio e’ Kickstarter, la piattaforma dove creativi di tutti i settori cercano finanziatori ai loro progetti: e’ nata il 28 aprile 2009, nel mezzo della Grande Recessione. In questi anni l’hanno usata 18 milioni di persone per realizzare i loro “sogni” raccogliendo 5 miliardi di dollari per quasi 200 mila progetti.

Ecco la storia di Meetup come ce l’ha raccontata Scott Heiferman in “Tech and the City”.

Su Silicon Alley, e su tutta New York, doveva ancora abbattersi una tragedia ben più devastante, l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001 (9/11). Un male assoluto che, però, gettò anche un seme buono.
La testimonianza è di Scott Heiferman: “Ero sull’autobus, andando dall’East Village a casa mia a NoHo, quella mattina – racconta -. Ho sentito la notizia del primo aereo nelle Torri Gemelle e ho deciso di salire sul tetto del palazzo del mio appartamento. Ci sono arrivato pochi secondi dopo l’impatto del secondo aereo. E poi, ho vissuto quest’esperienza di cui parlo sempre: nelle ore e nei giorni dopo 9/11 ho avuto più conversazioni con un numero maggiore di vicini di casa che in tutti gli anni precedenti a New York. Prima, non avevo un interesse particolare nella comunità locale. Dopo 9/11, mi ha colpito il semplice piacere di parlare con gli altri, di conoscerli. E ho capito quanto la gente sa essere potente quando si organizza. In quei giorni si vedevano innumerevoli veglie e gruppi di aiuto reciproco. Da lì mi è venuta l’idea di Meetup: usare Internet per organizzare i singoli in comunità. Un concetto che allora – ben prima di Facebook e dell’emergere del termine social media – sembrava ridicolo”.

Dalle startup italiane che hanno partecipato al Global startup program – e in particolare da quelle che hanno fatto il training a New York e intendono svilupparsi in America – e’ nata l’associazione “People 4 Growth“. Lo racconta Glauco Maggi su Libero: “l’obiettivo e’ ambizioso e punta a creare un circuito operativo organico che colleghi le diverse realtà di un eco-sistema in formazione: le startup, appunto, e con loro: studi legali, aziende di marketing e promozione, compagnie assicurative, banche, e soprattuto i venture capitalist e gli angel investor che procurano il capitale nelle diverse fasi di sviluppo di un’idea imprenditoriale”.

Il console generale a New York Francesco Genuardi si complimenta con le startup italiane “laureate” alla fine del Global startup program, 30 settembre 2019

Il Global startup program l’aveva lanciato alla fine dello scorso novembre a New York l’allora sottosegretario allo Sviluppo economico nel Governo Conte, Michele Geraci. In soli 5 mesi – un miracolo per la burocrazia italiana – il programma era partito lo scorso maggio e si e’ concluso il 4 ottobre, dopo tre mesi di training delle startup selezionate, in acceleratori di parecchi Paesi, gli Usa il più importante (33 startup sono finite qui, fra NYC, Chicago, L.A. e San Francisco).
Il governo italiano ha investito parecchio: circa 50 mila dollari – fra il costo della partecipazione all’acceleratore ERA e vitto/alloggio/voli aerei – per ognuna delle sette qui a NYC. Che presentando i loro pitch all’Ice di NYC, il 30 settembre, si sono dette ultra soddisfatte. Diverse fra loro stanno aprendo un business qui in America – come Doralia, Caracol, Criptalia, Gardenstuff – con buone prospettive di sviluppo (non sono startup ai primissimi passi, molte sono già operative in Italia e i loro fondatori sono serial entrepreneurs).

Ovviamente non in tutte le città dove sono state spedite le startup le cose sono andate bene. Pare per esempio che quelle mandate in Cina, a Shangai, non hanno imparato niente…

Ma lo sforzo del governo di allora credo fosse nella giusta direzione: che cosa farà il nuovo governo? Ripete il programma? Geraci era in quota Lega e ora non e’ più sottosegretario; e l’Ice, che era sotto il ministero dello Sviluppo economico, e’ passato al ministero degli Esteri sotto Di Maio. Speriamo davvero che il cambio dei colori nel governo da giallo-verde a giallo-rosso non elimini il Global startup program. Mentre altre iniziative sembrano già in panne a causa dei cambiamenti nei palazzi del potere, come racconta Riccardo Luna su La Repubblica: “il nuovo Tech Hub italico in Silicon Valley, annunciato nel febbraio del 2018 come joint venture fra Cassa Depositi e Prestiti e Talent Garden, è ancora al palo, nel senso che sembra che sia sempre sul punto di essere sbloccato ma quel punto slitta ogni giorno. Così come il Fondo Nazionale Innovazione da un miliardo, la prima seria iniziativa per supportare la crescita delle startup. Previsto per legge dal dicembre scorso, presentato il 4 marzo, è in attesa che Cassa Depositi e Prestiti e il Ministero dello Sviluppo Economico ne scelgano i vertici. Ad agosto sembrava tutto fatto, ma il cambio di governo ha fatto saltare accordo e se ne riparla a fine ottobre”.

Le startup italiane crescono a NewYork. Migliora la loro qualità: idee, business plan, atteggiamento. Lo dimostra l’esperienza delle sette startup che da luglio si stanno “allenando” all’ERA, Entrepreneurs Roundtable Accelerator di New York. Partecipano al Global Startup Program, creato mesi fa dal Ministero dello Sviluppo Economico italiano e dall’agenzia Italtrade:  il sottosegretario Michele Geraci, presentandolo qui a New York, l’aveva chiamato l’ “Erasmus delle startup”. E stanno facendo fare “bella figura” all’Italia. Lo si e’ visto alla loro presentazione, il 17 settembre al Consolato italiano.

Very interesting talk yesterday night at the Italian Consulate presenting the 7 selected Italian start- ups by Italian…

Posted by Grazia Lecca on Wednesday, September 18, 2019

   Le loro idee sono davvero innovative e chi ci lavora sta assorbendo come spugne gli insegnamenti che offre la tech community newyorkese, ha detto Iynna Halilou, la Global Program Manager di ERA che li sta seguendo e che ha curato programmi simili con molti altri Paesi, quindi può fare confronti. “Gli italiani sono particolarmente brillanti e creativi”, ha sottolineato.

   “Il problema delle startup italiane e’ che non pensano abbastanza in grande – ha osservato Jeffrey Libshutz, Co-Vice Chairman della telecom italiana Linkem e suo investitore con la società di private equity ArmaVir -. Sono abituate al mercato italiano, scarso di fondi di venture capital. Ma quando vengono qui devono  puntare in alto: gli investitori americani sono disposti a rischiare importanti cifre se credono nelle potenzialità di un’idea di business”.

    L’ecosistema delle startup tecnologiche di New York e l’intera città sono molto accoglienti, ha raccontato Valentina Corbetta, italiana venuta a NYC nel 2014 e ora affermata imprenditrice digitale con la sua agenzia di comunicazione C.R.E.W. Collective, nonché mentore di altri giovani con la piattaforma www.micromentor.org/business-mentor-ny . “L’ambiente e’ cosi’ eccitante e pieno di stimoli che un mio problema all’inizio era la paura di perdermi gli eventi importanti”, ha detto Valentina.

   Le sette startup sono: Avatr (intelligenza artificiale), Caracol (stampa 3D e robotica), Criptalia (investimento e crowdlending con blockchain), Cydera (assistenza sanitaria), Doralia (e-commerce di gioielli), Plus Biomedicals (apparecchi sanitari) e GardenStuff (giardinaggio con IOT, Internet of Things).

“Dobbiamo svegliare l’Italia dal suo torpore tecnologico” ha detto Michele Geraci – sottosegretario allo Sviluppo economico nel Governo Conte – in visita a New York, durante un incontro con alcuni giovani imprenditori, ricercatori e investitori italiani del settore high-tech che vivono e lavorano qui. L’incontro, da Eataly Flatiron, e’ stato organizzato dal Consolato italiano a New York.

Fra i presenti: il venture capitalist Alessandro Piol co-autore di “Tech and the City”; Andrea Califano di Darwin health, Cosimo Malesci di Fluidmesh, Elio Narciso di Measurence, Claudio Vaccarella di HyperTV, Sebastiano Peluso di Discovery Italy e Smartourism, Viviana Cavaliere di Buzzoole, Stefano Pacifico di Epistemic AI, Alessandro Biggi e Francesco Brachetti di Avocaderia.

Per dare la sveglia Geraci ha annunciato una Erasmus per startupper italiani: “Idealmente vedo 100 giovani, nel febbraio 2019, imbarcati su aerei in partenza per cinque Paesi (Usa, Gran Bretagna, India, Cina, Corea o Israele) dove passare tre o sei mesi ospiti di startup locali per imp, sviluppare insieme prodotti, esplorare nuovi canali di finanziamento e poi portare questa esperienza indietro in Italia. Tutto a spese del governo”.

“Si’, lo so – ha continuato Geraci -. Meta’ di loro non tornera’ in Italia. E’ la mia storia: nel 1989 sono partito per la Gran Gretagna per un programma Erasmus di sei mesi… e sono tornato in Italia 30 anni dopo! Ma non importa. A me interessa la ricchezza degli italiani, più che il Pil (Prodotto interno lordo) dell’Italia”.

Per realizzare questa Erasmus degli startupper Gerarci cerca partner che aiutino a selezionare i 100 in partenza a febbraio e che poi trovino la sistemazione giusta e i mentor nei cinque Paesi designati: mandate proposte a segreteria.geraci@mise.gov.it 

Io ho proposto di coinvolgere i docenti che nelle università italiane gestiscono programmi per aiutare i ricercatori a diventare imprenditori e fondare startup: Paolo Ferragina a Pisa, Paolo Merialdo a Roma, e i responsabili degli incubatori della Bocconi e del Politecnico di Milano.

Geraci ha parlato anche più in generale del focus del governo Conte sull’innovazione, il suo interesse a promuovere le piccole e medie industrie oltre alle startup, la promozione della digitalizzazione e dei pagamenti online, l’uso della tecnologia blockchain e lo sviluppo di infrastrutture digitali.

Ottimi programmi – ho osservato io – ma uno degli ostacoli che le startup e le PMI trovano in Italia e’ la mancanza di flessibilità nel mercato del lavoro. Il precedente governo era andato nella direzione giusta, invece l’attuale ha fatto un passo indietro: non un buon segnale per PMI e startup. Più di un fondatore di startup presente all’incontro ha confermato quanto sia cruciale questo problema: e’ un grosso rischio per un neo-imprenditore aprire una sede in Italia, con tutta la burocrazia e i costi connessi, e la difficolta’ di assumere/terminare i collaboratori a seconda delle esigenze.

Geraci ha difeso le scelte del suo governo dicendo che sono “una mossa per difendere le fasce deboli” e che non tutti gli italiani sono pronti per un “mercato flessibile”. Mah! 

Alberto Alesina e Francesco Giavazzi hanno ragione, secondo me, quando scrivono – oggi sul Corriere della Sera -: “Lega e M5S dicono di essere rappresentanti del «popolo». Per loro il popolo sono gli anziani del Nord e i senza lavoro (in «bianco» non necessariamente in «nero») del Sud. Che questo non sia «tutto» il popolo degli italiani non sembra sfiorare minimamente la loro strategia politica. Ma è una scelta miope. Quando, per soddisfare il loro «popolo», avranno scontentato l’altra parte dell’Italia, quella che lavora e produce sia al Nord che al Sud, rendendola più povera e attingendo ai suoi risparmi, allora ne pagheranno le conseguenze politiche. Soprattutto se nel frattempo i partiti di opposizione saranno usciti dall’autolesionismo che li attanaglia.”

Attenzione, scienziati e ingegneri italiani con l’idea di creare una startup: ecco un’occasione per imparare a diventare imprenditori.

NYCEDC, l’agenzia cittadina che promuove l’economia e l’imprenditorialita’ di New York  lancia il programma Entrepreneurship Lab NYC (ELabNYC), sei mesi di training e networking.

il 25 settembre c’e’ un evento per saperne di piu: ELabNYC 2019: Applicant Kick-Off & Alumni Mixer.

Si deve fare domanda entro il 22 ottobre per il 2019. Buona fortuna!

Il CEO di Bristol-Myers Squibb Giovanni Caforio spiega a Dario Laruffa, giornalista RAI, come New York sia la città ideale per scienziati e imprenditori innovativi.

Intervista realizzata durante la European Tech Night al Consolato italiano di New York il 26 aprile 2018, che era focalizzata sulle Life Sciences. Hanno partecipato, fra le altre startup, le italiane Movendo e Dante Labs.

 

 

Al Consolato Generale d’Italia a New York si è tenuta la terza “European Tech Night”, dedicata alle nuove tecnologie in ambito medico

di Maddalena Maltese 

Una rete europea che supporta creatività, innovazione, distribuzione, partnership. È questa l’idea di fondo del ciclo “European Tech Night”, il cui terzo appuntamento, al Consolato Generale d’Italia a New York, celebra le startup e le tecnologie che innovano nel campo della salute.

Creare un network tra università, investitori, media e imprenditori di nuove start up: la “European tech night” ospitata ieri sera al Consolato italiano di New York ha mostrato cosa può accadere ad imprese europee quando questa rete funziona e supporta creatività, innovazione, distribuzione, partnership. Il console generale Francesco Genuardi aprendo la serata ha voluto sottolineare la ricchezza di un’alleanza dalle molteplici dimensioni e ha voluto citare lo storico Tacito, quando diceva che è “un lodar le cose antiche e biasimare le presenti” e invece ricordare “le eccellenze italiane a partire dai disegni di Leonardo che hanno ispirato la costruzione degli aerei, fino al telefono di Meucci e all’embrione del primo pc ideato da Olivetti significa aprire prospettive sul nuovo”. In fondo, queste possono considerarsi start up talvolta acquisite da grandi compagnie, altre volte spunto di altre ricerche e di prodotti che hanno davvero cambiato la vita di milioni di persone. La serata dedicata alle tecnologie sviluppate nel campo della salute e della medicina è la terza di una serie di appuntamenti che i consolati delle principali nazioni europee presenti a New York stanno dedicando all’innovazione, con l’idea di favorire una globalizzazione di idee, prodotti, ricerche, consumatori.

Gianluca Galletto, consulente per gli affari internazionali del sindaco Bill Di Blasio, assicura che la città vuole promuovere questa alleanza tra ricerca, università e impresa e spiega che le iniziative e le imprese europee già in rete, o intenzionate a far rete, sono le benvenute. E questa felice simbiosi è ulteriormente sottolineata da Giovanni Caforio, Ceo della Bristol Meyers Squibb che annuncia ufficialmente il trasloco della sede di uno dei colossi farmaceutici mondiali da Park Avenue in un sito sull’East River nei pressi dei centri di ricerca che possono dare valore aggiunto al loro lavoro. “La relazione tra le grandi industrie e le start up è fondamentale per il successo delle grandi compagnie , spiega Galletto. I nostri investimenti in ricerca e sviluppo per il 50 per cento sono rivolte ad aziende esterne perché consideriamo complementare l’apporto esterno nell’ideare nuovi e rivoluzionari farmaci”. Ed esemplifica il caso di un farmaco per il trattamento del cancro scoperto da un fisico a Tokyo, sviluppato da un’azienda a San Francisco e poi approdato nella loro sede.
A sottolineare l’importanza delle sinergie è anche Fernando Gomez Baquero, direttore di uno dei rami più innovative della Cornell tech, che nel polo di innovazione aperto a Roosevelt Island vede il nascere di una tech community che interagisce con l’imprenditoria non solo come finanziatore di progetti ma come partner e annuncia che ogni anni 66 nuove compagnie nascono in questo contesto. “Noi vogliamo invitare imprenditori di tutto il mondo che hanno un’idea innovativa e noi li aiutiamo a svilupparla con la nostra ricerca, in modo da essere noi stessi imprenditori con loro”. E annuncia due programmi di studio per dottorandi e ideatori di start up che possono usufruire del loro apporto scientifico.
Maria Teresa Cometto, autrice del libro “Tech and the City: The Making of New York’s Startup Community”, introducendo cinque nuove start up nel campo delle biotecnologie e della medicina spiega che fino a cinque anni fa, la Grande Mela contava circa mille start up, ma oggi le statistiche parlano di ben settemila, ad indicare la crescita dell’innovazione e le potenzialità offerte dalla città e dai suoi centri di studio all’avanguardia.
E’ questo il caso della Darwin Health, azienda nata da un biologo della Columbia University, Andrea Califano e Gideon Bosker, esperto di formazione scientific e di network. La loro ricerca è focalizzata ad individuare dei biomarker che segnalino quando si può sviluppare un cancro. I loro algoritmi e la loro metodologia consente di individuare i valori alterati di ogni singolo malato, utilizzando non solo la mappa genetica, ma anche quella delle proteine che nutrono le cellule e presentano alterazioni quando sono in contatto con cellule cancerogene.
La Movendo Technology è un’azienda biomedica che utilizzando la robotica ha innovato la fisioterapia e la riabilitazione personalizzando esercizi e terapie. I suoi innovativi macchinari sono stati acquistati anche da NYU e da uno dei più rinomati centri medici di Philadelphia. La personalizzazione delle cure e delle ricerche mediche guida anche la mappa genetica realizzata da Dante Labs, una start up realizzata da due studenti de L’Aquila ed ora all’attenzione dei maggiori esperti ed investitori del settori. Rendendo i test genomici accessibili a tutti è stato possibile individuare cure calibrate sulle patologie di ogni singolo paziente e tarare i farmaci necessari alla guarigione. Frutto della Cornell University e di un ricercatore francese, Shade, un’azienda che si occupa di sensori per misurare l’intensità della luce solare e consente ai pazienti affetti da lupus di mitigare, prevenire e curare gli effetti dei raggi Uv sulla pelle. Infine è stata presentata una app per controllare il mal di schiena cronico e che è stata acquistata da Microsoft e Coca cola per i propri dipendenti. Ideata dalla Kaia Health, l’applicazione consente di personalizzare una terapia a base di esercizi, postura, farmaci per controllare il dolore ed evitare il suo aggravarsi. L’apporto di New York e degli Stati Uniti è considerato fondamentale nello sviluppo e anche nella diffusione di queste innovazioni che ora cercano nuovi investitori e nuovi mercati per ampliare le potenzialità delle loro invenzioni.
L’evento è stato sponsorizzato dalla Peroni, azienda storica della birra e da Alidoro, una start up del food che ha aperto ben tre sedi a New York, specializzate in panini e salumi italiani La quarta serata dedicata all’innovazione europea sarà ospitata dal consolato olandese il prossimo 8 maggio e sarà dedicata alle tecnologie in campo energetico.

Molte università, anche in Italia, hanno ormai spazi dedicati agli “incubatori” di startup tecnologiche. Ma nessuna ha costruito un intero palazzo che faccia da “ponte” fra accademia e industria, e l’ha messo al centro del proprio campus, come ha fatto Cornell Tech, la nuova istituzione di studi superiori (offre solo corsi di master e PhD, dottorati) che ha inaugurato lo scorso 13 settembre la sua sede a New York.
The Bridge, “Il Ponte”, è appunto il nome di questo palazzo, uno dei tre per ora aperti sulla Roosevelt Island, la striscia di terra sull’East river fra Manhattan e il Queens, dove continueranno i lavori fino al 2037. Gli altri si chiamano The House, la “casa passiva” (perché impiega pochissima energia) usata come residenza da studenti e professori; e l’Emma and Georgina Bloomberg center, il cuore del campus, dove si tengono le lezioni e le attività culturali.

The Bridge

“The Bridge rappresenta fisicamente il nostro obiettivo: un ambiente dove aziende affermate, startup, agenzie governative, il nonprofit e l’accademia possano lavorare insieme più da vicino”, ha spiegato Daniel Hutennlocker, il rettore di Cornell Tech. Sviluppato e gestito dalla società privata Forest City Ratner Cos, ospita già gli avamposti di tre aziende: Two Sigma investments, una società newyorkese di investimenti specializzata in tecnologia; il gruppo bancario Citi, interessato alle applicazioni di Big Data e alle nuove tecnologie come blockchain; e l’italiana Ferrero con il suo Open innovation center, alla ricerca di un circolo virtuoso fra scienza-tecnologia-cibo del futuro. Un bell’esempio, quest’ultimo, di come le imprese italiane cercano sempre di più di mettere un’antenna nel tech Usa come accadevano al tempo dell’Olivetti.
“L’eccellenza accademica qui è necessaria, ma non sufficiente: dovete anche essere impegnati con l’aspetto commerciale o sociale del vostro lavoro”, sottolinea Huttenlocher ai candidati-studenti, i quali per essere ammessi devono dimostrare di avere sia passione per la tecnologia sia spirito imprenditoriale. Non a caso un’altra caratteristica unica di Cornell Tech è avere la figura del chief entrepreneurial officer, il responsabile dell’imprenditoria: Greg Pass, che ha fatto il chief technology officer, il responsabile della tecnologia a Twitter fino al 2011, quando ha accettato l’offerta della sua Alma Mater, Cornell university, di impegnarsi nel progetto del nuovo campus.
Cornell Tech infatti è il frutto della joint venture fra Cornell – una delle otto prestigiose università americane del circuito Ivy League – e Technion (chiamata il Mit israeliano): insieme sei anni fa hanno vinto la competizione lanciata dall’allora sindaco Michael Bloomberg per creare il nuovo campus. La città ha messo a disposizione 100 milioni di dollari in infrastrutture e la terra; il costo complessivo sarà di 2 miliardi, tutti coperti da fondi privati.

Emma and Georgina Bloomberg Center

L’idea aveva preso forma nel pieno della recessione seguita alla crisi finanziaria del 2008, mentre diventava sempre più chiara la necessità di diversificare l’economia di New York oltre Wall Street. “È un modo per New York di reinventarsi per l’ennesima volta – ha spiegato uno degli ispiratori del progetto, Andy Kessler, esperto di tecnologia per il Wall Street Journal -. Che cosa ci vuole perché il prossimo Zuckerberg non voli più nella Silicon Valley? Non copiare la Silicon Valley (non c’è mai riuscito nessuno), ma usare le tecnologie che escono da là, e da qualsiasi altro posto, per trasformare i business di New York – dalla finanza ai media, dalla moda ai servizi – e renderli competitivi nell’era digitale”.
“Le aziende high-tech e le nuove piccole imprese che diventeranno i prossimi giganti di solito vengono create dove i fondatori sono andati a scuola. È quello che succede nella Silicon Valley. Qui abbiamo l’opportunità di educare un gruppo di persone per creare l’economia del futuro della città di New York”, ha ribadito all’inaugurazione del campus Bloomberg (che con la sua fondazione filantropica ha donato altri 100 milioni di dollari per il palazzo principale del campus, nominato per questo in onore delle sue figlie Emma e Georgina).
Il focus di Cornell Tech sono quindi le scienze applicate, dalle scienze informatiche all’ingegneria dei computer, da health-tech (salute & tech) a connective media; un programma di studi e ricerca, quest’ultimo, sviluppato con input da Facebook e dal New york Times, con la promessa di mettere i partecipanti “all’incrocio fra tecnologia, psicologia umana e imprenditoria”.
I primi corsi erano cominciati nel 2012, ospitati da Google nella sua gigantesca sede newyorkese. Questo è il primo anno accademico tenuto nel nuovo campus, con circa 300 studenti e 30 docenti. Dal 2012 sono già state create 38 startup dagli alumni di Cornell Tech, quasi tutte rimaste a New York.
Per “allenare” gli studenti ad applicare le scienze al mondo reale, uno dei curriculum obbligatori di Cornell Tech è “Studio”: ogni autunno startup, aziende e organizzazioni newyorkesi lanciano delle sfide, chiedendo di elaborare nuovi prodotti, servizi e strategie per risolvere un certo problema. Gli studenti formano squadre interdisciplinari e sviluppano prototipi, presentandoli poi in dimostrazioni alla fine di ogni semestre.
I programmi di Cornell Tech sono aperti a tutti gli studenti internazionali. Per saperne di più: https://tech.cornell.edu

(articolo pubblicato su Corriere Innovazione 29 settembre 2017)

Campus Master Plan

Il “gemellaggio’ New York-Milano per scambiare ospitalità ed esperienze fra startup e’ stato un flop. Si tratta dell’edizione milanese del programma di scambi Global Business Exchange lanciato dalla New York City Economic Development Corporation (NYCEDC), un’agenzia della città di New York che lavora per promuovere l’economia locale e dai tempi del sindaco Mike Bloomberg e’ focalizzata in particolare nella promozione dell’ecosistema delle startup tecnologiche.
Il Global Business Exchange vuole aiutare le startup a trovare occasioni di sviluppo nei mercati esteri: offre fino a sei mesi di spazio gratis per una persona in un co-working space nella città ospite; networking e mentori; biglietti aerei gratuiti; accesso a incentivi logistici, fiscali e finanziari.
Il primo programma era stato siglato fra NYC e Parigi e si e’ volto l’anno scorso: 40 startup newyorkesi hanno fatto domanda, otto sono state ammesse e sono andate nella capitale francese per sei mesi per esplorare da li’ il mercato europeo; mentre un gruppo di parigine sono venute nella Grande Mela.
Il bando per l’edizione milanese invece ha suscitato scarso entusiasmo fra le startup newyorkesi: solo 15 hanno fatto domanda e appena tre alla fine hanno scelto di andare davvero nella capitale lombarda per sei mesi. Ma il programma – che dipende dall’assessorato per la Trasformazione sociale e i servizi civici del Comune di Milano – non e’ ancora partito. I responsabili non vogliono fare commenti. Da New York l’impressione e’ che Milano non abbia saputo spiegare chiaramente alle startup newyorkesi i vantaggi dell’esperienza milanese, ne’ abbia saputo mettere a punto un programma attraente.
Una decina di startup milanesi invece sono già qui a New York (15 avevano fatto domanda) e hanno cominciato a lavorare. Sono: ELSE Corp, Roialty, Instal, Beast Technologies, Viralize, Genenta, Xmetrics, Sharewood, Blubrake e WIB Machines.
“Certo l’appetibilità di Milano e’ bassa, come e’ bassa pero’ quella della maggior parte di altre città del mondo – ha commentato Gianluigi Galletto, ex responsabile del programma alla NYCEDC -. Anche con Parigi abbiamo faticato all’inizio a causa anche di molte percezioni sbagliate: all’epoca mi ero impegnato personalmente in una campagna di branding e awareness su Parigi  (che ha ormai superato Berlino come valore di investimenti di venture capital) nel network di startup newyorkesi”.
Evidentemente Milano questa campagna non l’ha fatta e non e’ riuscita a far leva sui suoi punti di forza – come il design, la moda, i wearables, il digital manufacturing – per attirare l’interesse delle startup newyorkesi; ne’ ha saputo offrire un insieme di incentivi appetibili.
Peccato, un’occasione sprecata. E la conferma che fra il dire e il fare c’e’ di mezzo l’oceano: tanti vengono a new York a parlare di costruire “ponti” fra Italia e Usa, ma pochi fanno seguire alle parole l’esecuzione di piani precisi.

Tutti gli occhi della tech community di New York – e del mondo intero – sono puntati sull’esperimento di The Bridge: un palazzo di sei piani dentro il nuovo campus della università Cornell Tech in costruzione sull’isola Roosevelt.

The Bridge at Cornell Tech, disegnato da Marion Weiss e Michael Manfredi, Co-Fondatori di Weiss/Manfredi Architecture

The Bridge at Cornell Tech, disegnato da Marion Weiss e Michael Manfredi, Co-Fondatori di Weiss/Manfredi Architecture

Il campus aprirà a settembre, ma the Bridge ha già annunciato il suo primo inquilino, ha scritto il Wall Street Journal: Two Sigma Investments una società newyorkese di investimenti specializzata in startup tecnologiche. “Crediamo che il legame fra una società come la nostra e i brillanti professori e studenti di Cornell Tech ci permetterà di reclutare quel talento ed essere vicini alle idee”, ha detto Alfred Spector, chief technology officer di Two Sigma.

Sviluppato e gestito da Forest City Ratner Cos, The Bridge ha come missione abbattere le barriere fra l’accademia e il mondo esterno e promuovere le connessioni fra aziende stabilite e startup. “Questo e’ il cuore di quello che cerchiamo di fare, costruire un ambiente dove aziende affermate, startup, agenzie governative, il nonprofit e l’accademia possano lavorare insieme più da vicino”, ha spiegato Daniel Huttenlocher, il rettore di Cornell Tech.